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Crisi del credito: Borse, Governi e Banche centrali
 
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Amato: «Vigilanza europea in capo alla Bce»

di Franco Locatelli

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Giuliano Amato (foto ANSA / CLAUDIO PERI)

Per due volte presidente del Consiglio e per tre ministro del Tesoro, Giuliano Amato sa benissimo come si vive una crisi finanziaria da brividi alla guida del Governo e sa che in questi casi l'unica cosa che conta è recuperare al più presto la fiducia dei mercati. Per questo non si sorprende del ritorno dello Stato nelle banche ma, in questa intervista, difende con passione la riforma che porta il suo nome e che avviò nei primi anni 90 la trasformazione e privatizzazione del sistema bancario italiano.

Presidente, il crollo delle Borse sembra inarrestabile e il Fondo monetario internazionale prevede la recessione globale: in una situazione così drammatica che cosa possono e debbono fare i Governi e le Banche centrali?
Nell'immediato possono solo coordinarsi perchè è impossibile creare una global governance dall'oggi al domani. Purtroppo finora hanno detto di voler fare azioni coordinate sul piano internazionale ma hanno fatto poco, anche perché inizialmente c'era in molti l'illusione che, essendo nata negli Usa, la crisi dovesse risolversi esclusivamente là. Adesso si è finalmente capito che non poteva andare così perché i cosiddetti trouble assets hanno fatto il giro del mondo e portato ovunque l'infezione. Ma c'è un'altra ragione per la quale immaginare che la crisi finanziaria si potesse risolvere esclusivamente negli Usa era del tutto fallace.
Quale?
L'effetto panico, che è per definizione irrazionale e che a maggior ragione avrebbe richiesto il massimo di coordinamento tra le autorità centrali. In realtà Governi e Banche centrali sono partiti scoordinati fin dall'inizio.
È una critica che riguarda in particolare l'Europa?
L'Europa ha esercitato un coordinamento superiore a quello che si è registrato a livello globale ma inferiore alle ragioni del nostro mercato europeo, che esige soluzioni uniformi per tutto ciò che è cross-border. Paghiamo il prezzo di non aver provveduto per tempo a dotare la Bce dei poteri di vigilanza su scala europea.
Non è da oggi che si invoca una vigilanza finanziaria e bancaria di tipo europeo: perché non ci si è mai arrivati?
Perché si è preferita la politica dello struzzo. Non dimenticherò mai la riunione dell'Ecofin alla quale partecipai come ministro del Governo italiano per esaminare il Rapporto Lamfalussy prima che nascesse la Bce. In quell'occasione ricordo perfettamente che i governatori delle Banche centrali nazionali ci avvertirono che, in caso di crisi sistemica, in Europa mancava un'autorità competente, ma ci pregarono anche di cancellare dai comunicati finali qualunque riferimento in proposito perché, a loro avviso, poteva creare ansietà sui mercati e tra gli investitori.
Così l'Europa è arrivata impreparata a una crisi come quella di questi giorni e la vigilanza europea è rimasta una chimera.
Abbiamo convissuto per anni con un potenziale esplosivo in cantina e adesso che la crisi sistemica è arrivata ci sentiamo disarmati. Ecco perché è ancora più urgente di prima dotare la Bce di poteri di vigilanza e realizzare il massimo di coordinamento tra i Governi.
Qualche tentativo c'è stato e ancora adesso si ipotizzano nuovi vertici internazionali d'emergenza.
Il fatto è che non si è andati al cuore del problema perchè non si è trovata la strada giusta per far scattare la scintilla della fiducia, che dipende da molte variabili ma che oggi più che mai è la chiave di tutto. Finché ognuno va per conto suo in un mondo che è ormai globalizzato è difficile recuperare la fiducia dei mercati.
È questa la ragione per cui nemmeno il piano Paulson è bastato?
Evidentemente anche il piano americano è stato giudicato insufficiente nelle sue modalità e nell'entità dei suoi stanziamenti. Gli Usa hanno destinato 700 miliardi di dollari alla sterilizzazione dei titoli tossici ma negli stessi giorni in cui si varava il piano Paulson l'Fmi ha stimato che i trouble assets sparsi nel mondo ammontano a 1.400 miliardi di dollari. Anche l'uomo della strada capisce che per superare la crisi c'è ancora molto da fare.
Nouriel Roubini ha messo sotto accusa le Banche centrali sostenendo che dovrebbero ridurre i tassi d'interesse di almeno un altro punto: lei che cosa ne pensa?
Siamo sicuri che riducendo di un altro punto i tassi si recupera la fiducia dei mercati? Non lo so, ma il problema è tutto qui.
Come si riaccende la scintilla della fiducia?
Nessuno conosce la formula magica. La fiducia è un valore impalpabile, che dipende dalle circostanze ma che certamente non è solo un elemento tecnico. Qualche volta si può recuperare cambiando le facce, qualche altra cambiando le regole oppure cambiando le une e le altre.
  CONTINUA ...»

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